“Le parole sono finestre (oppure muri)”.
Marshall B. Rosenberg
In un’epoca dove i social hanno tolto la necessità di rispondere delle proprie parole, dove ognuno si sente libero di scrivere tutto ciò che gli passa per la mente, non importa se fasullo, offensivo o discriminatorio, pare sempre più urgente fare un pensiero rispetto al valore delle parole e, in questo caso, approfondire il loro ruolo all’interno della relazione educativa.
Le parole hanno un enorme valore, poiché ci mettono in relazione con il mondo, forniscono significato a ciò che viviamo e proviamo, aiutandoci a definire pensieri, azioni ed emozioni.
Grazie alle parole possiamo descrivere i nostri desideri, i nostri bisogni e le nostre ragioni, proprio per questo è importante imparare a farlo con un linguaggio positivo, non volgare e non giudicante. Insegneremo così a bambini e bambine il rispetto per loro stessi e per gli altri, insegneremo ad affrontare, in maniera costruttiva, le proprie e altrui fragilità e diversità.
Non giudichiamo le persone ma le azioni! Non bisogna dire a un bambino o ad una bambina, sei stupido, sei una pasticciona, non sei capace ma piuttosto questa cosa è sbagliata o questa azione non si fa. Se definiamo la persona come stupida, incapace e sbagliata stiamo toccando la sua individualità, non le azioni che sta compiendo e questo, lederà la sua autostima, facendo emergere rabbia e tristezza.
Allo stesso modo quando lodiamo un comportamento non limitiamoci a dire “che bravo”, o “che bello”, ma descriviamo ciò che vediamo, la bellezza e la bravura non sono le sole caratteristiche che vanno sostenute, anzi, alle volte appaiono un po’ riduttive. Cerchiamo di diversificare le nostre parole, ad esempio un disegno può avere molti colori o dimostrare grande fantasia, un gioco può essere fatto con un ottimo senso di squadra, insomma, diamo valore alle differenti caratteristiche o qualità che sono presenti.
Prestate attenzione al modo in cui comunicate. Cercate di usare un tono fermo ma tranquillo, coerente con il significato che volete comunicare. La comunicazione non verbale fornisce più del 90 % delle informazioni, quindi il volume, il ritmo, il tono in cui parliamo può far variare notevolmente significati e intenzioni. Quando il contenuto del messaggio non è in linea con la modalità in cui lo esprimiamo, creiamo confusione e incertezza e, spesso, chi ci ascolta, non sa bene come comportarsi.
Forniamo esempi positivi. Cerchiamo di non offendere gli altri, non parlare per stereotipi o con poca sensibilità, i bambini imparano a relazionarsi al mondo anche grazie a ciò che mostriamo noi. Piuttosto che dire una cosa buttata lì, come valvola di sfogo e senza alcuna riflessione, non diciamola. Prendiamoci del tempo per scaricare il nervoso, per mettere insieme i pensieri, ma diamo valore alle parole che escono dalle nostre bocche, perché una volta uscite non sono più solo nostre.
Correttezza. Usare un linguaggio corretto, vario, senza troppi nominativi, vezzeggiativi, volgarità o ridicolizzazioni, permetterà un utilizzo efficace delle parole anche al di fuori delle mura domestiche. A volte mi capita di sentire ragazzini e ragazzine che dicono “so cosa ti voglio dire ma non riesco a spiegarlo” oppure “non riesco a descrivere ciò che provo” questo accade perché alle volte è poco sviluppata la competenza linguistica per leggere ed esprimere ciò che viviamo, sentiamo o vogliamo comunicare. Possedere un vocabolario ampio a cui poter attingere, in questo caso, è un’utilissima risorsa.
Impariamo ad ascoltare. Ci sono parole dette e parole ascoltate e, anche queste ultime, hanno un enorme valore. Spesso però, per mancanza di tempo o stanchezza, ascoltiamo poco ciò che i bambini vogliono raccontarci. I racconti dei bambini e delle bambine alle volte sono un po’ ridondanti, ci vogliono raccontare per 10 volte la favola del ranocchio o per altrettante volte cosa mangiava il brontosauro e questo può affaticare. Nonostante ciò, proviamo ad ascoltare quello che ci viene detto con curiosità, ascoltiamo i loro racconti, ciò che li interessa o li intimorisce. Grandi occasioni sono rappresentate da tutti quei momenti di chiacchiera informale, mentre si gioca, cucina o prima di andare a dormire tra una coccola e l’altra. La voglia di raccontarsi arriva quando meno ce lo aspettiamo, ed è più facile che nascano narrazioni quando non facciamo troppe domande ma siamo pronti a cogliere le giuste sollecitazioni. Questo, oltre a dimostrare la nostra presenza, accoglienza e disponibilità, consoliderà l’abitudine al confronto, risorsa estremamente preziosa anche con la crescita, quando le tematiche si faranno più complesse e delicate.