“Capii che per migliorare il mondo bisognava esserci”.
Tina Anselmi
Ho maturato un profondo desiderio di giustizia con il tempo. Non credo di esserci nata, perché in effetti, nei primi anni di vita, ho cercato sempre di imbrogliare mio fratello riuscendo a mangiare più crema al mascarpone di lui o convincendo mia madre che mettendo il collirio non vedevo e quindi non potevo fare i compiti per un po’. Il senso di giustizia è maturato con gli anni, man mano che mi rendevo conto che alcune persone non avevano le stesse possibilità delle altre, ogni volta che empatizzavo per il dolore altrui, ogni volta che un film, un documentario o una storia mi mostrava ciò che non avevo vissuto in prima persona e imparavo qualcosa che non sapevo.
Il desiderio di giustizia non rimane quieto, non può, perché è urgente, fa male, ribolle nelle vene, si aggrappa alla gola quando capisci che per alcune persone giustizia ed equità, sono solo parole vuote.
Stimo con amore e gratitudine chi ha trascorso la propria vita per rendere questo mondo un posto migliore, chi ha lottato contro il fascismo, il nazismo, il razzismo, la mafia, la violenza, l’ignoranza, il clientelismo, gli “aumma aumma”, i “vabbè tanto fanno tutti così”, i “fatti i fatti tuoi che campi cent’anni”; guardo con orgoglio tutti quelli che sono stati ribelli di un sistema corrotto, quelli che pur di dire la verità e fare giustizia ci hanno rimesso la vita o parte di essa.
Ho sempre provato repulsione, fastidio e a volte dispiacere per quelli che sopprimono le libertà altrui, dittatori, passati e odierni, urlatori di banalità che si riempiono la bacheca di cagnolini e gattini, ma farebbero affogare in mare barconi stipati di uomini, donne, bambini e bambine per il solo fatto che sono Altri. Non importa chi, non sono identificati, non li conoscono, non ne conoscono il nome, il modo di fare, le intenzioni, i sogni, le storie, nulla, davvero nulla, ma per il solo fatto di esistere e di desiderare una vita migliore, meritano di morire.
Ho sempre faticato a comprendere chi si opponeva alle possibilità di Altri, una cittadinanza per un bambino nato e vissuto nel mio paese, un matrimonio tra uomini o donne che si amano, la possibilità di adottare se posso farlo con amore e coscienza, a prescindere da chi dorme con me o se non ho una moglie o un marito. L’opposizione pura e semplice alla possibilità che Altri siano felici. Non importa se il proprio matrimonio è felice o devastato da tradimenti e menzogne, non importa se hanno o non hanno figli e non importa come li hanno cresciuti, non importa se sono violenti o amorevoli, importa solo il fatto che io posso avere una famiglia e non voglio che tu la abbia. Per altro, di solito, sono le stesse persone che se una donna non vuole un figlio o un marito, pare comunque un problema o qualcosa di strano.
Provo un’enorme rabbia per chi pur vivendo dignitosamente, con una casa che protegge, del cibo sulla tavola, delle persone amorevoli attorno, appena si parla di supportare una persona senza casa, una famiglia vicino, senza denaro e senza sostegno, si nascondono dietro al “PRIMA GLI ITALIANI” o “PRIMA I NOSTRI PROBLEMI” come se i miei problemi fossero la causa dei tuoi, quando invece i tuoi problemi spesso derivano dalle azioni di ricchi e potenti e non poveri e nullatenenti, come una smisurata evasione fiscale, magheggi, conti all’estero, aumma aumma, “fai un favore a me che io ne faccio uno a te”, “vota per me che poi ti faccio costruire una casa a picco sul mare”, tangenti, mafia, corruzione, ecc.
Il punto è che se invece di chiuderci in casa, alzando muri e urlando la nostra frustrazione, la aprissimo, ci incontrassimo e parlassimo di quello che ci turba forse potremmo superarlo insieme, nonostante i problemi di ognuno.
Perché in secoli di storia e anni dove ci dichiariamo scandalizzati che “MAI PIU’ L’OLOCAUSTO”, “MAI PIU’ IL NAZISMO”, “CHE SIAMO TUTTI FRATELLI”, “MA COM’E’ POTUTO ACCADERE”, “BUON NATALE E BUONA PASQUA” tutti i meccanismi mentali che hanno portato alla persecuzione di ebrei, omosessuali, persone con disabilità, dissidenti politici, sinti, testimoni di Geova, nativi americani, armeni … sono gli stessi che ancora oggi ci permettono di sapere che migliaia di persone stanno morendo in nuovi campi di prigionia, su rotte marittime o terrestri, dietro a muri di cemento o culturali e noi non facciamo nulla e permettiamo che tutto ciò, e tanto altro, accada ogni giorno.
E ogni bel pensiero svanisce appena una tonalità di pantone si fa più scura, se si viene dall’est, ma anche dal sud, per non parlare del nord ma anche da occidente! Insomma, c’è sempre qualcuno che non ci va bene, e non perché ci abbia fatto qualcosa di male, non lo conosciamo neppure, ma sappiamo che è diverso, quindi, per noi, peggiore. Pare che tutte le informazioni rispetto alla diversità che arricchisce, la cultura che si nutre di contaminazioni, o al contrario, di quanto sia sterile e poco produttivo star sempre tra simili, non siano arrivate.
Il principio di giustizia, secondo me, si può indicare rispetto a quanto la vita di alcune persone impedisce, ostacola o degrada la vita di altre persone. La mancanza di libertà può essere un metro di giudizio. Ma se il mio vivere non influenza il tuo vivere perché mai dovrei essere attaccata per quella che sono.
Ho sempre amato il 25 aprile. Ho sempre amato i video, le interviste, le ricostruzioni, le commemorazioni, le manifestazioni colorate, le camminate dove incontrarsi e abbracciarsi. Dove si ricorda chi non c’è più, dove ci si promette che saremo capaci di costruire un mondo migliore.. ogni anno, nonostante tutto. Ma ogni anno, non basta mai. Perché il cambiamento si fa ogni giorno, in ogni momento e occorre essere tanti, perché se si è pochi, l’indifferenza vince, e se vince lei … perdiamo tutti!
LIBERǝ SEMPRE, LIBERǝ TUTTǝ!! Buon 25 aprile ogni giorno!